Cari lettori, oggi faremo un viaggio sulla A4, ma anche su strade provinciali e montane. Dalla Pianura Padana fino alle Alpi Valtellinesi, dalla caotica Milano ai laghi di Como e Maggiore. Ebbene sì, vi portiamo in Lombardia. Cucina di tradizione, semplice a volte povera, ma anche ricca di mille specialità diverse, la nostra. Chi vi parla è nata e cresciuta tra le nebbie della Pianura Padana, a Brescia.

Potrei dilungarmi su delizie quali la sbrisolona, l’ossobuco alla milanese o i pizzoccheri di Teglio…

… e invece prenderò spunto da un diffusissimo preconcetto su noi lombardi! Ci chiamate sempre “polentoni”, perché per noi la polenta è come e anche più del pane. La domenica non può mancare sulla nostra tavola. La mangiamo in mille modi: da sola, come contorno, gialla, con farina di segale e chi più ne ha più ne metta!

Oggi voglio dunque farvi esplorare le mille versioni di… Sua Maestà LA POLENTA, e come cambia nella tradizione dei vari luoghi e città della mia amata regione natia. Allacciate le cinture e seguitemi!

La polenta a Brescia

Come siamo soliti mangiare la polenta noi bresciani? Bella domanda! Innanzitutto, la polenta può essere sia gialla (di sola farina di granturco) e dalla consistenza più morbida… o avere una percentuale di farina di segale. Fa da immancabile contorno allo spiedo bresciano, un vero trionfo di carne (coppa e pancetta di maiale, costine di maiale, pollo, coniglio o anche osei, ovvero uccellini).

Possiamo poi parlare della polenta con il bagoss, tipico formaggio di montagna del paese di Bagolino.

O ancora, della polenta cünsa del gardesano, di farina di mais integrale e pasticciata con formaggio stagionato o formaggio nostrano piccante. O della polenta con carne e pesce (manzo all’olio, luccio del Garda etc.), o con funghi chiodini e luganega.

Sarebbe imperdonabile non nominare la polenta taragna, vera delizia tra le delizie. Che cosa la rende così speciale? Il mix di farine – integrale di mais e di grano saraceno. Viene accompagnata da burro fuso e salvia o gorgonzola oppure da un condimento a base di robiola, crescenza, formaggella bresciana, burro e salvia.

La polenta in Valcamonica

In Valcamonica la polenta si mangia tutto l’anno. La consistenza è molto solida, e spesso c’è una buona percentuale di farina di segale. Si accompagna a carne, selvaggina, salame cotto. Ma voglio svelarvi un piccolo segreto di un paesino della Valcamonica, Corteno Golgi. Il cuz. Ricetta antichissima, preparata dai pastori dopo le transumanze. Prevede che si usi la carne della “pecora cortenese”. La carne, in piccoli pezzettini a volte ancora attaccati all’osso, viene fatta cuocere per ore e ore sul fuoco nel paiolo, assieme a sale grosso, acqua, al suo grasso, poca salvia, aglio e, se si vuole, poco vino bianco. È un piatto di festa, da condividere attorno al focolare. Ma anche da conservare sotto sale per essere usato per fare il brodo della minestra, o mangiato freddo giorni dopo.

La polenta a Bergamo

A Bergamo troverete la polenta taragna, senza ombra di dubbio. Ma anche il tradizionale abbinamento della domenica, con coniglio, salumi, carne o funghi. O con formaggi, meglio se taleggio, Branzi o Strachitunt. La polenta nel bergamasco, come nel bresciano e nelle valli di entrambe le province, era un tempo l’alimento quotidiano per antonomasia, si consumava a colazione con grappa, zucchero, noci e latte, per pranzo e cena con verdure o con quello che c’era. Una particolarità della bergamasca è la presenza dell’Ordine dei cavalieri della Polenta (fondato nel 1976), che valorizza la polenta bergamasca, ma anche dell’Unità di Ricerca per la Maiscultura di Stezzano (che conserva 750 varietà di mais italiane) e della Regia Stazione di Maiscultura di Curno, che ha contribuito alla creazione di varietà adatte alle condizioni climatiche italiane.

La polenta a Milano

A Milano la polenta è parte imprescindibile della cucina. Accompagna gli ossibuchi, il bollito misto alla lombarda, ma anche molto altro. Può essere vedova (non condita, servita da sola), fritta (gli avanzi fritti nel burro), pasticciata (con salsiccia, grana, burro e funghi aggiunti a fine cottura), ma soprattutto tenera, da servire caldissima e tagliare col filo, mai col coltello, accompagnata da intingolo o lardo, lonza di maiale o fagioli borlotti.

La polenta in Valtellina

La Valtellina è nota come la patria della polenta taragna, realizzata con un mix di farine che esalta quella al grano saraceno e condita con tanto formaggio. Ce ne sono molte varietà, ma rimangono invariati in tutte le ricette il formaggio Valtellina Casera DOP e/o il Bitto DOP. Viene mescolata un lungo bastone in legno, detto tarel. La polenta in fiur vede una sostituzione dell’acqua con panna nella preparazione, e ha quindi un altissimo valore calorico e nutrizionale. La polenta cröpa viene preparata negli alpeggi e vede addirittura un’aggiunta di patate all’impasto, oltre a una cottura nella panna. La polenta nera viene preparata interamente con la farina nera di grano saraceno, con aggiunta di patate e formaggio.

La polenta a Mantova e Cremona

A Mantova la polenta accompagna una specialità davvero particolare: lo stracotto d’asino. La carne viene marinata minimo 12, ma anche 24 ore nel Lambrusco, che è vino tipico del mantovano anche se meno conosciuto delle altre 4 denominazioni, con gli aromi, e poi viene cotta 3-4 ore a fuoco lento. Insomma, viene stracotta fino a diventare quasi sfilacciata.

A Cremona invece, la si vede spesso servita assieme al brasato o allo stracotto di manzo.

La polenta a Como

Se ci spostiamo a Como, non possiamo prescindere da una ricetta lariana intramontabile, quella della polenta uncia ovvero unta, cotta nel paiolo di rame e arricchita con aglio e formaggio grasso e burro caldo.

Dopo questo excursus davvero da leccarsi i baffi, vogliamo ricordarvi due cose importantissime sulla polenta, che uniscono tutte le province della Lombardia e anche buona parte del Nord Italia.

La prima è che la polenta è deliziosa anche tagliata a fette e mangiata col latte. La polenta e latte ha cresciuto innumerevoli generazioni di bambini e ragazzi lombardi, come merenda, colazione o cena.

Infine, non saremmo veri polentoni se lasciassimo anche un minimo residuo. Dopo aver servito la polenta, spesso rovesciandola dal paiolo su un’asse di legno per tagliarla, il paiolo viene rimesso sul fuoco, a fiamma bassa, per un’ora abbondante. Questo consente al fondo di polenta rimasto sul paiolo di seccarsi e staccarsi, dando origine a delle croccantissime e saporite croste di polenta (il fondo, una volta staccato, viene ridotto in piccoli pezzi) da sgranocchiare dopo il pasto principale.

Con questo sfizio, concludiamo il nostro viaggio nel regno della polenta, rustica e calda specialità lombarda, che vi aspetta nelle casere di montagna, ma anche nelle osterie e locande di ogni città.

Autore: Stefania Catalfamo

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